I piccoli negozi di prossimità possono sconfiggere la grande distribuzione?

Stiamo uscendo da settimane, mesi difficili. Chiusi in casa, potevamo affrontare il mondo solo nelle immediate vicinanze della nostra abitazione. Meno supermercati e più forni, fruttivendoli vicini, in grado di gestire le code della clientela e di fornire prodotti freschi senza allontanarsi troppo dal domicilio. In più, i piccoli negozi hanno attivato una capillare rete di comunicazione online, sfruttando tutti i social network, per attivare servizi di consegna a domicilio. Poteva bastare un messaggio su Whatsapp direttamente all’esercente, scavalcando sistemi di intermediari e code, per ricevere quanto necessario direttamente sulla soglia di casa.

Tralasciando quanto questo possa avere contribuito a farci sentire al sicuro in casa, ma anche a creare una barriera tra noi e il mondo esterno, è diventata evidente una cosa: il piccolo negozio può offrire servizi capillari che il grande negozio, dovendo sottostare a regolamentazioni anche societarie e aziendali superiori e che valicano le abitudini e la conoscenza del territorio, non può affrontare.

Che cosa è stato essenziale, in questo passaggio? Una comunicazione mirata e capace di offrire sicurezza: consegna dei prodotti sulla soglia di casa, prepagamento oppure scambio di denaro contato senza passaggi di mano ripetuti, nessun contatto con l’esterno, ma anche disponibilità a venirsi incontro per gli orari, possibilità per i negozianti di reperire qualcuno a cui consegnare a qualsiasi ora. Non sono mancati anche esercizi che hanno, con questo sistema, ampliato la platea dei clienti. Piccoli bar pasticcerie hanno allargato il loro campo di azione passando alle consegne a domicilio quando era ancora negato l’accesso al pubblico e hanno mantenuto questa pratica al momento della riapertura, scoprendo un modo per poter (almeno in parte) rientrare delle perdite economiche.

Si è così instaurato un nuovo (o vecchio) sistema comunicativo “di vicinanza”, grazie al quale non ci si rivolge più a un’entità astratta come il negozio, ma alla persona fisica del negoziante. Sebbene i prezzi siano rimasti un fattore essenziale di scelta – tanto più con molti colpiti dalla crisi e dalla perdita del lavoro e / o dalla diminuzione delle entrate familiari complessive – si è aggiunta la fiducia nella persona di riferimento più che nell’entità del nome di una catena. La reputazione torna a essere personale e non globale.

Può questo essere un meccanismo duraturo, maturando nel farci uscire di casa e farci sentire sicuri?