
Quando parli ripeti ciò che già sai. Ma se ascolti, potresti imparare qualcosa di nuovo.
Secondo alcuni questa citazione è del Dalai Lama, secondo altri di anonimo. Google non fornisce una risposta oggettiva e, di fondo, in questo caso va anche bene così. Quello che è fondamentale è il concetto, che serve a spiegare l’ascolto attivo.
Quando abbiamo parlato di comunicazione simmetrica e complementare abbiamo visto le differenze tra le due tipologie e quale era il punto di interscambio dei ruoli. Ora si può quindi definire correttamente con “ascolto attivo” quel momento in cui si presta reale attenzione alle informazioni che si ricevono, le si elabora, si fanno proprie e su quelle si sviluppa un proprio pensiero autonomo. L’ascolto attivo è fondamentale, all’interno di un proficuo processo di comunicazione, in quanto permette di entrare in contatto con il punto di vista altrui, che difficilmente corrisponde al nostro, e trovare la chiave di lettura dello stesso.
Ascolto attivo, mappa e territorio
“La mappa non è il territorio”, si dice in gergo comunicativo. Ovvero le “unità di misura” di pensiero non sono le stesse per tutti. Ciascuno ha il proprio punto di vista, e questo deriva dal vissuto, dall’esperienza personale, professionale, emozionale di ciascuno. Tanto sono diversi gli individui e tanto sono diverse le mappe mentali di ciascuno. Immaginiamo un contesto di grande distribuzione organizzata, in cui un cliente si reca al reparto informatica per acquistare un computer. Un buon venditore si pone in primo luogo in ascolto attivo e pone una domanda: che cosa viene fatto con il computer?
Le solite cose.
Ma “le solite cose” del venditore non sono le stesse del cliente, che magari è un fotografo. O un commercialista. O un gamer. O una persona che legge solo le e-mail. Il territorio è il mondo sconfinato dell’informatica, ma la mappa è quella porzione soggettiva in cui ciascuno si muove. Per comprendere in quale mappa muoversi è necessario ascoltare e mettere in condizione l’altro di farsi ascoltare. Per questo un ascolto attivo può (a volte deve) essere fatto di interlocuzione che porti alla scoperta del maggior numero di informazioni, e non l’ascolto passivo di quello che viene detto.
Ascolto attivo è anche quello che un buon medico utilizza nei confronti del paziente: fare un’anamnesi, ascoltare storia clinica, sintomatologie recenti, acquisire più informazioni possibili sono tutti elementi che rientrano nel processo dell’ascolto attivo che permette di entrare in contatto con i metri di misura mentali di ciascuno. Un “dolore lancinante” è soggettivo nella percezione ma diventa oggettivo nel comprendere cosa per esempio una persona non riesce a compiere a causa di questo sintomo.
Anche un buon insegnante ascolta attivamente quello che dice lo studente, sia che ponga una domanda che durante un’interrogazione: da un lato bisogna comprendere di che cosa ha bisogno lo studente che magari non ha tutti i mezzi per esprimere il proprio dubbio, dall’altro si deve essere in grado di discernere se la materia è stata effettivamente compresa o ci si limita a ripeterla a memoria senza averne assorbita nemmeno una nozione.